Digressione
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Il rumore del mare. Il silenzio della provincia, la nebbia, la bellezza della provincia.
Certe discrasie ti ammazzano sempre, non ci si abitua mai. Uno pensa di abituarsi. E pensa che ti ripensa, l’abitudine diventa meta-abitudine, che fa brutto solo a dirlo, figuriamoci a pensarlo e ripensarlo.

Io, ci sono delle cose che per quanto le penso te le elenco:

  • Perché la gente è felice?
  • Qual è per questa gente, se c’è, l’equazione vincente tra i pur numerosi ma futili motivi di felicità e la mostruosità della vita?
  • In quanti salotti giapponesi compariamo nello sfondo delle foto di viaggio? E cosa penseranno di noi, vedendoci, amici e parenti dei musi gialli in questione?
  • Come sarebbe andata se tu non te ne fossi andata?
  • Come, se io fossi rimasta?

Oggi, più del solito, risposte a vuoto tra cocci di Pandora. Mi sento come quando, come quando non hai similitudini. Mi sento senza di te.
Tornando al discorso delle abitudini, che poi pare uno lo lasci lì appeso per vagheggiare velleità letterarie, e invece sono solo una fotonica imbecille che da una vita si caga sotto di scegliere perché per tutta la vita, fuga a parte, l’opzione era apparsa unica:
ho fatto una scelta sì, che io sia viva non vuol dire fosse quella giusta.